Tic-Toc Apologia del fallimento [2006]

Tic- toc Apologia del fallimento
(una performance "mancata")

Quadri-situazioni: Claudio Fazzini
Situazioni – quadri: Veronica Granatiero

  • Collage musicale: Claudio Fazzini

Mixaggio: Giuseppe D’Addario

Ciò che è vano può essere grandioso? Esiste una grandezza del non andare a segno, del fallire il bersaglio, del mancare il colpo? E ancora. Esiste una grandezza del gesto clamoroso di cui ci sfuggono le conseguenze? Esiste un azione che non colga il suo scopo? Si può chiamare azione il gesto che afferma la propria vanità? Non soltanto la sua insufficienza, la sua crisi, la sua negazione, ma la sua vanità; vale a dire la sua gratuità, la rinuncia ad iscriversi in un progetto quale che sia, e, soprattutto, a rendersi responsabile della modificazione della situazione, rivendicando per sé solo il momento dell’atto?.
( da: “L’estetica del vano”di Maurizio Grande)
Questa serie di quadri - come anche questa performance- si pongono come critica e parodia spietata della prospettiva. Da un lato la prospettiva intesa come "prolunga", ovvero come ciò che rimanda al futuro: progetto, volontà, ambizione, speranza soprattutto; dall’altro, formalmente, come prospettiva rinascimentale, punto unico,fisso,in contrasto con la mescolanza/molteplicità del piano superficie: “Lungi dall’esser per l’uomo un modo normale di vedere, la prospettiva rinascimentale è un modo di vedere acquisito convenzionalmente, al pari della capacità di riconoscere le lettere dell’alfabeto o di seguire una narrazione cronologica”. (E.H. Gombrich: “Arte e illusione”.)
Allo stesso tempo più prospettive inserite determinano maggior punti fissi, fissazioni, ma anche più simultaneità.
È sempre un contraddirsi, un affermare per negazioni e viceversa. Divenire, mai essere.
Il tic, in questo caso, svolge un’azione fallimentare su ogni presupposto di organizzazione possibile, un impossibilità incarnata questa, che spezza e spazza via ogni “futuribilità” grazie ad un cortocircuito del corpo, che si nega e ci nega nostro malgrado.
Diviene dunque parodia della vita, che non coincide mai con l’idea della vita, con il suo presunto controllo su di essa e soprattutto nega ferocemente l’assioma volere è potere di tanto declamato “eroismo”.
Vaporizzato l’io si procede ad una decostruzione del soggetto, spersonalizzato, creando delle situazioni a svantaggio di esso, assoggettato, in balia degli eventi, della vita insomma.
Il tic, si contrappone al tempo lineare, al cronos sequenziale (il toc), come una fuga intempestiva, un evasione questa, una fuga del corpo dal corpo, un fuori controllo che sabota il progetto facendo schiantare anche il presupposto causa/effetto.